Quando si parla di Festa dei Gigli a Nola bisogna
fare molta attenzione. Si rischia di urtare la suscettibilità di una
cittadinanza intera e soprattutto di una classe politico-dirigenziale-ecclesiastica in grado
di trasformare (con molteplici complicità si intende) le macchine da festa in
macchine da propaganda elettorale. Bisogna comunque essere onesti (in primis
con se stessi per potersi ogni mattina guardare allo specchio… e non sputarsi
in faccia): anche in passato le regole legate all’assegnazione non erano,
diciamo così, limpidissime. C’è sempre stato, almeno così mi raccontavano mio
nonno e mio padre, una sorta di mercato delle firme. Come c’è sempre stato un
mercato di collatori e di paranze. Erano solo diversi i tempi, le persone, le
musiche, i rivestimenti etc etc … era insomma diversa la società. Erano diversi i
valori (diversa struttura - diverse sovrastrutture). Quindi non mi piacciono puristi e moralisti di un’età dell’oro che poi
tanto dorata non era, visto che i tempi attuali sono figli di quelli passati (cari "vecchietti" un piccolo esame di coscienza fatevelo pure voi neh).
E, di conseguenza, la Festa passata è “genitrice” di quella attuale. Quindi chi
è colpevole scagli la prima pietra… Ciò precisato mi indigno fortemente quando leggo
e cito testuale da parte dell’amministrazione comunale: “ABBIAMO REALIZZATO LA
FONDAZIONE FESTA DEI GIGLI CHE AL DI LÀ DELLE CHIACCHIERE DA BOTTEGA, HA
SVINCOLATO LA FESTA DALLA POLITICA E DALLE PARANZE… e a questo punto mettiamoci
pure che il ciuccio vola… e siamo tutti felici e contenti...
Sempre in tutta onestà, certi legami durano da
parecchi (ma proprio tanti) decenni e qua si riesce a “spezzarli” in poco meno
di due anni… Alla faccia dei venti anni per cambiare il paese in città… Della serie: faccio i conti e non mi trovo!!!
Le mazze allerta. Il discorso da
affrontare è però un altro. A partire dal sigillo Unesco si potrebbe finalmente
provare a voltare pagina. Una volta per tutte. Prendo spunto dal tanto
criticato, sui social network, giglio a Marigliano. Di “mazze allerta” oramai ne
spuntano manco i fiori a primavera. E ogni volta sempre la stessa solfa (che
pure ti rompi di leggere o ascoltare pareri e opinioni in merito, visto il ciclico ripetersi di tali eventi
con tutto l’ambaradan di polemiche). E tutti giù a dargli all’amministrazione,
al sindaco, a musiche e cantanti, a paranze e paranzari, etc etc. Ognuno ha le
proprie (e importanti) colpe anche se, nell’italianissimo gioco dello
scaricabarile (simbolo del nostro paese più della pizza e degli spaghetti),
nessuno se ne assume le responsabilità. Sempre provando a essere onesti con se
stessi dico che è da ipocriti chiedere all’attuale amministrazione di vietare
queste esibizioni. Nei confronti degli altri comuni quello che si poteva fare è
stato fatto. Resta comunque il problema, ovviamente da affrontare nei modi
giusti. Qualcosina (sempre per essere onesti) è stato fatto. Con l’ingresso di
forze giovani (a cui vanno i complimenti per il lavoro svolto, a prescindere
dalle posizioni ideologiche) in posti chiave sembra che finalmente il vento
possa cambiare. Il problema è che sarebbe necessario attuare una seria azione
di marketing per differenziare la nostra Festa dalle altre (che restano e
resteranno solo imitazioni). E' una questione di marchio. Se rendo la mia festa
UNICA (ne faccio appunto un marchio leader nel proprio settore) le altre
saranno, appunto, sempre una copia. Per citare alcuni esempi (blasfemi e non):
il Carnevale di Venezia è UNICO, il Palio di Siena è UNICO, la Regata delle
Repubbliche Marinare è UNICA , la settimana santa di Siviglia è UNICA. Eppure
esistono tante “copie” di queste manifestazioni ma nel mondo (reale e virtuale)
conosciamo solo quelle che hanno dato valore alla loro unicità. In pratica,
come già scritto poco sopra, il loro è un marchio leader del mercato (fa
tristezza ma nel mondo del marketing si ragiona così, perché mi si consenta, di
marketing stiamo parlando). Per creare unicità c’è bisogno in primis di
investire risorse (ma non a pioggia, bensì in modo programmatico) e poi
soprattutto di affidarsi a professionisti del settore, puntando soprattutto
sulle competenze (e sulle reali capacità, e meriti - ah, la meritocrazia,
questa sconosciuta) e non sul “nome”, magari affidandosi ad un’azienda leader
nel proprio settore (e non ai soliti amici degli amici). Per esempio: qualcuno
mi spiega perché tra i membri della fondazione non c’è un CONOSCITORE (notare
le maiuscole) della nostra festa. Eppure io ne conosco davvero tanti che
potrebbero dare il loro contributo… Vabbè, ma questo è un altro discorso. Come
quello dei membri della Fondazione che sulla CARTA – nel senso di documento protocollato -
rappresentano un comitato ma che poi nella realtà rappresentano tutt'altro. Della serie, con la carta ci
si pulisce il culo e ce lo vengono a chiarire pure in conferenza stampa (ma che ci avete preso per dei coglioni 2). Voglio comunque essere fiducioso. Il terreno perso si può
ancora recuperare, il problema è: c’è la reale volontà di farlo da parte di
tutte le parti in causa (attenzione Assessorato dei Beni Culturali, una rondine
non fa primavera)? La Festa dei Gigli viene vista come reale motore economico e
culturale per il nostro territorio oppure viene considerata (almeno dalla maggior
parte delle parti in causa) come mezzo per creare o rinsaldare rapporti
clientelari (che producono forse ricchezza per qualcuno ma non per tutto il
territorio)?
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