Che cazzo è la
cecina? Me lo sono chiesto appena giunto in terra pisana, incuriosito dalle
scritte assai frequenti fuori pizzetterie e panifici e simili. Prontamente sono
stato subito corretto: "si dice cecìna, ed è davvero buona. Fatta coi
ceci. Provala, magari con il pane" (a dire il vero il mio interlocutore ha
anche precisato una serie di inesattezza del tipo "è di Livorno come il
ponce"). Non potevo lasciarmi sfuggire di provare l'ennesima pietanza
tipica e, alla prima occasione mi sono addentrato in un caratteristico forno del centro
di Pisa..
Che cos'è. Onestamente non avevo minimamente
idea di come fosse. Al mio ingresso in un piccolo forno di Piazza Cairoli
infatti avevo intenzione di mangiare qualche focaccina o al massimo una
pizzetta, quando mi salta subito all'occhio una specie di enorme frittata (o
stranissima polenta) di forma circolare, poco spessa e di colore giallo dorato.
Chiedo subito informazioni in merito e, senza neppure il tempo di parlare, mi
ritrovo con un assaggio di cecìna calda tra le mani. Gustosa, anzi di più. Non
ho dubbi: sarà quello il mio pranzo.
Come si
mangia. Il mio primo assaggio, quello di prova, è stato 'nature'. Nessun
condimento accessorio. Solo dopo un paio di morsi il 'fornaio' mi ha detto se
volevo provarla con il pepe. Il risultato non è cambiato: buonissima, anzi di
più. Mel centro di Pisa io l'ho mangiata in una focaccia, la classica "fo'accia
con la cecìna" (che poi sarebbe il cinque e cinque dei livornesi), con
una spruzzatina di pepe come unico condimento, nonostante mi venisse caldamente
consigliato di provarla con il lardo di Colonnata (prossimamente non mancherò).
Cibo da strada davvero ottimo, anche se particolarmente nutriente e, di
conseguenza, un po' pesante. Mangiarlo in pausa pranzo insomma non è l'ideale,
ma per me non per uno dallo stomaco di ferro come me non è stato affatto un
problema. Tra le varianti mi hanno consigliato di provarla in abbinamento con
una serie formaggi (fontina, stracchino o gorgonzola) o salumi (coppa) ma anche
con la cipolla. Secondo me però la versione con focaccia e spruzzatina di pepe
è davvero imbattibile. Da provare. Assolutamente.
Le origini del mito: tra storia e
leggenda. Anno 1284,
le repubblica marinare di Genova e Pisa si contendono il predominio nel mar
Tirreno. Ad avere la peggio sono i pisani, sconfitti nella battaglia della
Meloria. I genovesi fanno numerosi prigionieri, che affollano le navi
rendendole poco agili nella navigazione. Per questo motivo una di queste
'galere' abbia incontrato qualche difficoltà nell'attraversare il Golfo di
Biscaglia, incappando anche in una tempesta. Per più giorni la nave venne
sballottata dai flutti, imbarcando notevoli quantità di acqua di mare, che
andarono a danneggiare i prodotti presenti nella stiva. Tra questi, in gran
quantità, vi erano i ceci (legumi ben conservabili e per questo utilizzati come
principale alimento di marinai e vogatori), che si inumidirono e ammollarono, e
barili di olio, che si spaccarono riversando nella stiva il contenuto. Il resto
lo fece l'umidità e il sale dell'acqua marina, trasformando tutto in una specie
di purea. Per non sprecare ceci e olio andati a male, venne servita ai prigionieri
pisani questo strano pastrocchio. Questi prima si rifiutarono di mangiare ma
poi, con il passare dei giorni, vinti (anche) dai morsi delle fame non ebbero
remore. Il sole aveva però trasformato quella strana purea in un impasto
davvero buono, tanto che perfino i genovesi ne rimasero colpiti. Questi infatti
ne perfezionarono la cottura in forno a legna (come avviene ancora oggi), ribattezzando
la nuova pietanza come 'oro di Pisa', proprio per sbeffeggiare gli avversari
sconfitti.
Le origini
di questa pietanza però, con molta probabilità, affondano in tempi più remoti.
Sia i greci che i latini erano soliti preparare piatti simili, come una serie
di purea di legumi vari cotti al forno.
La cecìna in
the world. E' in pratica diffusa per tutta l'area della costa tirrenica che va dalla
Toscana alla Costa Azzurra, con una puntatina pure in Sardegna e a Ferrara... e
persino in sud America. Numerosi i nomi che gli danno i toscani, a seconda
della località: si passa dalla cecìna pisana, alla torta di Livorno (dove
abbinata con la focaccia viene chiamata 'cinque e cinque') fino alla ‘calda
calda’ di Massa. In Liguria viene detta farinata o fainà, mentre in Costa
Azzurra è detta socca. In Sardegna, dove venne importata dai genovesi, è in uso
soprattutto nella provincia di Sassari e viene chiamata fainè. Curioso il caso
di Ferrara dove venne 'portata', qualche decennio fa, da un imprenditore pisano:
chiamata 'i ceci' viene venduta al taglio, utilizzata anche come base per pizze
e focacce. E' possibile trovare la 'cecìna' anche a Gibilterra, Marocco e
alcune zone del sud America (in particolare in Uruguay) 'importata' da
immigrati toscani e genovesi.
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